VIA LE CATEGORIE E UN UNICO STATO GIURIDICO PER TUTTI. "MILITARI"



Parlare di riforme in ambito militare è come parlare del tempo; pioverà, sarà bel tempo, freddo, caldo eccettera eccetera.
Ormai siamo assuefatti alla stessa parola che quando la sentiamo non fa più neanche l'effetto della curiosità, sorvoliamo o seguiamo qualche esternazione, spesso fuori luogo o buttata li.
Eppure se il nostro sistema militare ha bisogno di qualcosa possiamo dire più che di riforme servirebbero degli adeguamenti sia normativi sia organizzativi.
Esistono e ancora esistono preconcetti legati a contesti storici ormai così lontani, che fanno venire in mente posizioni di rendita quali quelle dei nobili o aristocratici a cui una volta dato il titolo lo conservavano anche post mortem.
Intanto, per ovviare a preconcetti arcaici, bisognerebbe parlare di personale della difesa, ovvero di cancellare quel confine marcato tra forze armate e, decisamente più vecchio, quello delle categorie.
Parlare di categorie è come andare al supermercato e comprare prodotti  di 1^, 2^ e 3^ scelta; ma il tempo e l'ormai consolidata esperienza e professionalità acquisita dal personale militare, dovrebbe far dissentire tutti dall'uso improprio di differenziazioni tali che includono anche differenze di trattamento e di specificità.
Analizziamo il concetto di categoria; per categoria si intende un insieme di cose che hanno proprietà comuni o di persone con analoghe caratteristiche; insieme di persone che svolgono la stessa attività.
Quindi appare evidente che la divisione tra categorie del personale delle forze armate, non può esistere nella realtà dei fatti.
Se questo insieme di persone che svolgono la stessa attività rientra nel concetto di "personale della difesa", militari, se la differenza avrebbe un senso allora o sono militari i graduati, i sottufficiali e i volontari sia di un anno o 4, oppure lo sono gli ufficiali (per il concetto gerarchico di ruoli. dirigenti e esecutivi).
Il ragionamento non regge e pertanto appare più che evidente che la categoria può e deve essere solo quella di militari, personale della difesa.
Da questo piccolo ma significante ragionamento, prendiamo spunto per lanciare il primo grande adeguamento all'organizzazione militare, affermando che lo status giuridico è  e deve essere, uno per tutti.
Quindi la differenzazione di trattamento in specifici contesti (ad esempio indennità accessorie, di missione o di rischio o di impiego) non possono seguire la logica del grado e delle attuali categorie.
Rischia in operazioni sia il soldato sia il generale e la vita e la salute dell'uno e dell'altro prescindono dall'appartenenza alla scala gerarchica.
Qualcuno potrebbe storcere il naso non concordando, ma di fatto se il ragionamento segue una logica conseguenziale non dovrebbe fare una piega.
Le differenze di trattamento sono già ampliamente evidenziate su altri aspetti come quello del trattamento economico per funzioni e per conoscenze specifiche, è sacrosanto che in funzione del ruolo rivestito nella scala gerarchica a chi ha più responsabilità gli venga riconosciuto un emolumento stipendiale più elevato.
Da qui, l'abbattimento delle categorie non solo porta un vantaggio organizzativo in termini di gestione del personale e dell'utilizzo dello stesso, ma anche indubbi vantaggi nel ripristinare un concetto che è alla base di una forza armata che è funzionale alla partecipazione del soggetto che decide di arruolarsi, secondo le proprie capacità professionali.
L'inizio di una carriera quale quella militare, dovrebbe essere tale da dare fin da subito la consapevolezza dello strumento della difesa nazionale alle persone più idonee a rendere il miglior servizio possibile.
Oggi non è così; mettiamo per esempio il caso di un qualsiasi ufficiale arruolato presso un'accademia militare, che nel corso della sua carriera ha un rendimento al limite della sufficienza e che per tale motivo, senza gloria e senza onore, prosegue indisturbato fino al grado apicale della sua categoria, ebbene questo occuperebbe a tempo indeterminato una posizione organica che non potrà essere sostituita se non all'atto del suo pensionamento. Ciò avviene semplicemente perchè fa parte di quella categoria e segue una progressione di carriera per anzianità e non necessariamente per meriti specifici.
Ma se nei ranghi più bassi ci fossero persone molto più idonee e capaci di lui a cui è precluso l'accesso alla posizione organica occupata da una persona inefficiente per limiti di età?
Il ragionamento vale per ogni attuale categoria naturalmente.

Se consideriamo invece, l'ipotesi di una carriera aperta che inizia con il grado minimo e la selezione avverebbe solo per capacità effettivamente accertate (concorsi?, valutazioni?, prove sul campo?, particolari attitudini?), quanto affermato sopra non potrebbe avvenire o perlomeno il fenomeno del tutti comunque promossi, sarebbe decisamente ridimensionato.
Poche righe per una proposta seria a cui non serve una riforma per dare una risposta, semplicente un'adeguamento della normativa attuale.
In sintesi, si può accedere alle accademie militari solo dopo aver trascorso un periodo nei gradi alla base dell'organizzazione, ovvero i posti dovranno necessariamente essere riservati al 100% ai militari già in servizio e con un minimo di anzianità militare.
Impossibile? Affatto, è solo una questione di buona volontà.
Sicuramente l'iniziativa sarebbe incentivante anche nel rendimento di ogni singolo appartenente alle forze armate.

Prospettiva Militare

immagine, fonte:http://www.neuschwanstein.de/bilder/ludwig/ludwig_01_370.jpg 

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